giovedì 15 maggio 2008

ZINGARI


Vengono da lontano ma non vanno più lontano: da quando la modernità ha cancellato gli spazi liberi tra una proprietà e l’altra, inquinato i fiumi, ridotto gli animali a pelouche o a carne da macello, inventato la metropoli e poi trasformato il mondo in una “metacittà”, gli zingari si fermano ai confini della prossima città, nidificano nella prossima periferia, ammassando baracche di lamiera a roulottes e costruendo architetture precarie che sono un inno al residuo, al rifiuto, al degrado ( a tutto quello che vomitiamo e non ci va di vedere) Nella memoria nomade che la sparizione delle strade, uccise dalla velocità dei tempi di percorrenza, ha stanzializzato a forza, custodiscono i segreti inutili di un’antica inciviltà che oggi sfugge persino a loro: la musica e la premonizione, la conoscenza degli animali e quella dei metalli arcaici come il rame e il ferro...leggi il seguito suhttp://www.lettera22.it/showart.php?id=9103&rubrica=28

1 commento:

Cane Sciolto ha detto...

Credo che il meccanismo della globalizzazione, dei grandi piani urbanistici, delle teorie economiche e dell'efficienza che mantiene, preserva, rafforza la classe dirigente ad ogni livello e che spesso detiene il diritto di comunicare con mezzi informativi di proprieta' quello che vuole si sappia ha perso completamente il senso del reale.
Si pensano citta', per esempio, solo come strade e come edifici simbolici, economici, di architetti superstars, in un contesto intellettuale politico effimero che poi marca le scelte e le trasforma in fatti cementificati,di giunta in giunta.
E' sufficiente guardare cosa sara' Milano per L'Expo',cosa sta accadendo alla fontana del vino di Toyo Ito a Pescara, e mille altri esempi, piccoli e grandi,in ogni citta' in ogni paese.
La gente che vive dentro, intorno, che arriva, che parte e' solo qualcosa di poco importante, di accessorio, motivi di minoranza.
Abbiamo perso il modo giusto di guardare, di capire, di costruire isole a misura d'uomo, per poi, far parte del "tutto". Non sappiamo piu'cosa voglia dire accogliere.
Si diceva negli anni scorsi "dal cucchiaio alla citta'..." ebbene abbiamo perso per strada il cucchiaio, ma anche la panchina, l'albero, la fermata d'autobus, la lampadina nella metropolitana, i grandi spazii verdi, le aree attrezzate e mille altre cose.
Forse sono andato fuori tema e come al solito prolisso, ma credo che non esistano fenomeni scollegati, ma ogni cosa, ogni problema, faccia parte di un tutto dove tutti si dovrebbero sentire responsabili.
Mike Sigurtá